8 maggio 2008

Iron Man (Jon Favreau, 2008)

Iron Man (id.)
di Jon Favreau – USA 2008
con Robert Downey Jr., Gwyneth Paltrow
***

Visto al cinema Colosseo, con Hiromi.

Inutile girarci attorno: vedere i personaggi e gli eroi dei fumetti prendere vita sullo schermo (grazie anche ai prodigi della grafica al computer) è sempre un'emozione che dona un valore aggiunto al film, purché naturalmente sia gradevole e ben fatto come questo "Iron Man", che si colloca di diritto ai primi posti nella mia graduatoria personale delle pellicole ispirate ai personaggi della Marvel. Per di più il vendicatore rosso e oro è sempre stato uno dei miei supereroi preferiti (forse il preferito in assoluto fra i personaggi "singoli", esclusi dunque i gruppi come i Fantastici Quattro e gli X-Men), e sono rimasto decisamente soddisfatto nel vedere come la sceneggiatura ne abbia conservato tutte le caratteristiche salienti senza snaturarlo o banalizzarlo come invece era successo in altri casi ("Daredevil", "Elektra" e pure i F4). Le sue origini, come era lecito aspettarsi, sono state attualizzate (ma già la Marvel stessa, in passato, ne aveva spostato la collocazione dalla guerra in Corea a quella del Vietnam) e la grotta nella quale Tony Stark costruisce il prototipo della sua armatura si trova ora in Afghanistan, ma rimane intatta la sua ambigua e multiforme natura di inventore geniale, industriale milionario, playboy impenitente e mercante d'armi pentito che si trasforma in supereroe ipertecnologico quando si rende conto del reale utilizzo che viene fatto dei suoi prodotti e delle sue invenzioni. Attorno al protagonista, pieno di debolezze (l'alcolismo è stato lasciato saggiamente da parte, forse per il sequel) e che a differenza di altri supereroi non ha una doppia personalità (se il milionario Bruce Wayne è per Batman solo una facciata dietro la quale nascondere la propria natura di vigilante, Tony Stark è invece veramente donnaiolo e amante del lusso), il film mette una serie di comprimari azzeccatissimi: la Paltrow mi ha sorpreso in positivo per il suo ritratto di Pepper Potts, la segretaria tuttofare di Stark, segretamente innamorata del suo capo: di solito i personaggi femminili sono la palla al piede in questi film, stavolta invece ne è uno dei punti di forza; Terrence Howard è un buon Jim Rhodes, anche se il suo ruolo nella storia è un po' limitato (ma c'è una strizzatina d'occhio per i lettori che ricordano War Machine); e Jeff Bridges è un eccellente Obadiah Stane, un vero cattivo, ambiguo e ambizioso al punto giusto, altro che il Dottor Destino del primo film dei F4! Gli episodi del fumetto in cui Stark combatteva contro Stane, culminati con l'albo numero 200, non sono mai stati pubblicati in Italia (furono saltati nel passaggio dall'Editoriale Corno alla Play Press), ma lo scontro finale fra Iron Man e Iron Monger (che a qualcuno ha ricordato "Transformers": paragone improponibile sia concettualmente sia qualitativamente, naturalmente a tutto svantaggio di Michael Bay) mi ha esaltato. Jarvis, infine, non è un maggiordomo in carne e ossa ma un programma informatico. La pellicola fa abbondante uso di product placement (tutte marche di lusso, vista le disponibilità economiche del protagonista) e mette in mostra una tecnologia credibile e futuristica al tempo stesso. Imperdibili i cameo di Stan Lee (scambiato da Stark per Hugh Hefner!), di Jon Favreau (nei panni dell'autista Happy Hogan) e di Samuel L. Jackson (dopo i titoli di coda, un Nick Fury che annuncia la prossima nascita dei Vendicatori: in effetti il film rappresenta il debutto ufficiale del "Marvel Cinematic Universe", una serie di pellicole interconnesse fra loro – e dunque in continuity! – che saranno prodotte dalla stessa Marvel, senza licenziatari). E da applausi la prova di Robert Downey Jr., che pare sia stato scelto dal regista perché le sue vicissitudini personali, che lo hanno spesso portato sotto l'occhio dell'opinione pubblica, lo avvicinerebbero molto al personaggio di Tony Stark. Infine una riflessione: "Iron Man" era anche il sottotitolo del "Tetsuo" di Shinya Tsukamoto. I due film hanno poco in comune, ma a tratti la commistione fra uomo e macchina (il cuore di Stark ha bisogno di un impianto cibernetico per poter funzionare) può ricordare proprio alcune cose di Tsukamoto e di Cronenberg: chissà come sarebbe stato il film se lo avesse diretto uno di loro due al posto del "normale" Favreau? Sicuramente avremmo perso il tono da commedia sofisticata anni quaranta (vedi le scene con la Paltrow) e non so se sarebbe stata una buona cosa.

6 commenti:

Martin ha detto...

Sono d'accordo con tutto Christian. Io in particolare non sono mai stato particolarmente fan del personaggio, nel senso che i miei preferiti erano altri, ma sono cresciuto anche con questo (e ancor più con i Vendicatori) e vederlo rappresentato è stato un altro piccolo sogno che si avvera.
Nonostante tutto però qualche difetto ce lo vedo, la sceneggiatura ogni tanto zoppica e la regia fa il suo dovere ma niente più (e forse è anche meglio).
Evidentemente non sono grosse cose perchè anche io sono uscito dalla sala piuttosto entusiasta.
Con queste premesse, liberati del fardello del racconto delle "origini", il secondo promette di essere anche meglio.

Christian ha detto...

Sì, come dici tu la regia non fa nulla di più del suo dovere, ma proprio questo la rende perfetta per questo tipo di film: sono stufo di pseudo-autori che vogliono reinventare il cinema a livello estetico e che non sanno invece nemmeno raccontare una storia.
Nel secondo episodio mi aspetto il tema dell'alcolismo (magari con Jim Rhodes che sostituisce temporaneamente Stark) e il Mandarino (d'altronde sono stati citati i "Dieci Anelli": ci sarà un legame, no?).

Martin ha detto...

Immagino che tu ti riferisca ai "virtuosismi" alla Bay che se non ricordo male non hai molto apprezzato.
Sugli pseudo-autori condivido in pieno ma devo ammettere che Raimi, Singer e Ang Lee hanno dimostrato coi loro Marvel movie di riuscire a raccontare delle storie e contemporaneamente regalarci regie di livello molto alto, sicuramente supariori tecnicamente a questo Iron Man.

Christian ha detto...

Non mi riferivo solo a Bay, ma il succo è quello. Certo che se il regista ha talento (come i nomi che citi) è tanto di guadagnato, ma preferisco un "anonimo" come Favreau che si mette al servizio dei personaggi e della sceneggiatura senza farsi notare piuttosto che i tanti videoclippari e sperimentatori che pensano che per girare una scena d'azione non si debba tener ferma la macchina da presa nemmeno per un istante.

Luciano ha detto...

Una interessante e ottima recensione che riflette anche sul fumetto. Certo, Tsukamoto ha già girato il suo Iron Man ma ovviamente non è il fumetto. Gli appassionati Marvel cercano nel film anche il fumetto e probabilmente il regista ha preferito attenersi alle "regole" Marvel. Come fan della Marvel e appassionato della Sci-fi sicuramente mi piacerà. Non so se come cinefilo sarà la stessa cosa.

Christian ha detto...

Grazie dei soliti e immeritati complimenti, Luciano. ^^ Quanto al fatto se ti piacerà come appassionato di Marvel o di cinema, in fondo noi siamo la somma delle nostre parti. Io, quando un film mi piace non per meriti cinematografici ma per altri motivi (nostalgici, magari), resto comunque soddisfatto e lo preferisco di gran lunga a un film tecnicamente ineccepibile ma che non mi smuove per nulla.