17 maggio 2008

Allegro non troppo (B. Bozzetto, 1977)

Allegro non troppo
di Bruno Bozzetto – Italia 1977
con Maurizio Nichetti, Maurizio Micheli
animazione tradizionale
***

Rivisto in DVD.

Usare i cartoni animati per illustrare la musica classica è sempre stata un'aspirazione di tutti gli animatori dotati di una certa “fantasia”. E cosa importa se ci aveva già pensato prima un certo Frisney... Pisney... Grisney...? Con il suo lungometraggio più celebre e popolare – e con la collaborazione di alcuni fra i migliori artisti e disegnatori italiani dell'epoca (Giuseppe Laganà, Walter Cavazzuti, Giovanni Ferrari, Guido Manuli...) – Bruno Bozzetto ha creato un'opera ironica e diseguale ma a tratti davvero affascinante, che regge assolutamente il confronto con l'illustre precedessore anche se non intende certo ricalcarne lo stile. Le sei sequenze animate (sette, se si conta anche il grottesco finale) sono introdotte e inframmezzate da scene con attori in carne e ossa, girate in un bianco e nero espressionista e ricche di toni surreali, nelle quali vediamo il produttore del film (Micheli) alle prese con l'organizzazione dello spettacolo: c'è un'orchestra composta da vecchiette decrepite, un burbero direttore spagnolo (Nestor Garay), una giovane sguattera (Maria Luisa Giovannini, alla sua prima e unica apparizione sullo schermo) e soprattutto un povero artista (Nichetti), schiavizzato e costretto a realizzare in tempo reale i disegni animati mentre l'orchestra sta suonando. Le gag di questi spezzoni live, ambientati sul palcoscenico del teatro Donizetti di Bergamo, spaziano dalla parodia felliniana ai dispetti in stile Stanlio e Ollio, ma naturalmente l'interesse principale del film sta nei segmenti animati, che presentano una notevole varietà di stili e atmosfere. Più che rappresentare graficamente la musica (come capitava nei pezzi più astratti di “Fantasia”), a Bozzetto interessa raccontare storie che abbiano i brani come sfondo. Nel Preludio al pomeriggio di un fauno di Debussy, un anziano satiro tenta inutilmente di correre ancora dietro alle giovani ninfe. La Marcia slava n. 7 di Dvořák è un divertente inno contro il conformismo. Il Bolero di Ravel (il segmento più ambizioso e più famoso del film) mostra l'evoluzione della vita (sulla Terra?) a partire da una bottiglietta di Coca-Cola abbandonata da un astronauta. Nel Valzer triste di Sibelius, un gatto malnutrito si aggira fra le rovine di un palazzo distrutto, ricordando con nostalgia la vita, gli oggetti e le persone che un tempo lo abitavano. Nel Concerto in do maggiore di Vivaldi, un'ape intenta ad abbuffarsi di polline viene disturbata da una coppia che amoreggia sull'erba. Nell'Uccello di fuoco di Stravinsky, infine, non essendo riuscito a tentare Adamo ed Eva, il serpente dell'Eden mangia la mela lui stesso e piomba nell'inferno del mondo moderno e del consumismo. Il mio episodio preferito è quello di Sibelius (impossibile trattenere le lacrime di fronte alle immagini melanconiche e nostalgiche del gatto), ma mi piacciono molto anche quelli di Ravel (che con i suoi dinosauri può ricordare La sagra della primavera di “Fantasia”) e di Dvořák (l'episodio in stile Bozzetto più puro).

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