18 gennaio 2008

Sorelle della scena (Xie Jin, 1965)

Sorelle della scena (Wutai jiemei, aka Two stage sisters)
di Xie Jin – Cina 1965
con Xie Fang, Cao Yindi
**1/2

Visto in VHS, in originale con sottotitoli.

Mi sono finalmente visto questo film che avevo registrato da "Fuori orario" anni fa e poi lasciato da parte. Si tratta di uno dei più celebri e importanti esempi di cinema di propaganda della Cina comunista, e racconta la storia di due giovani attrici e cantanti dell'Opera di Shanghai dagli anni trenta fino agli anni cinquanta. Le due protagoniste non sono veramente sorelle: Yuehong, che interpreta ruoli maschili, fa parte di una compagnia di attori itineranti che si esibiscono presso fiere e villaggi, mentre Chunhua, che interpreta ruoli femminili, fugge dal suo destino di "sposa-bambina" e si rifugia presso la stessa compagnia, che era di passaggio nel suo paese. Ben presto le due ragazze diventano inseparabili, sulle scene come nella vita (c'è persino chi ha azzardato una lettura della pellicola in chiave lesbica, che mi pare francamente esagerata). Ma devono fare i conti con un mondo di ingiustizie, una società oppressiva e lo sfruttamento da parte di padroni e impresari, che giocano a piacimento con le vite e le carriere degli artisti (indicativo, in tal senso, l'episodio dell'anziana attrice – della quale prendono il posto come star – che finisce col suicidarsi). Nella seconda parte, il film passa dal melodramma alla politica. Mentre cominciano a sentirsi le prime avvisaglie della guerra civile, le due sorelle si separano e prendono strade differenti: la frivola Yuehong, attratta dal lusso e dall'agiatezza, sposa il crudele impresario e abbandona le scene, mentre l'impegnata Chunhua scopre la lotta di classe e si dedica alla rappresentazione di opere a sfondo sociale che denunciano la condizione delle donne contadine e lo sfruttamento delle masse. "Il vero palcoscenico è la società", spiega. "Ora abbiamo un teatro composto da migliaia di contadini, soldati e operai". Nemmeno minacce e attentati riusciranno a farla tacere: unirà tutte le compagnie del paese ("miglioreremo noi stesse e canteremo sempre opere rivoluzionarie") e nel finale, ovviamente, l'infelice Yuehong non potrà che pentirsi e riconoscere di aver fatto la scelta sbagliata. Narrativamente meccanico ma registicamente scorrevole e interpretato da due buone attrici che si prodigano in scene caricatissime e melodrammatiche, spesso recitando con gli occhi umidi di lacrime, è un film forse più interessante dal punto di vista storico-sociale che bello artisticamente. Ha qualche similarità con "Vivere!" di Zhang Yimou, che ho visto pochi giorni fa, anche se naturalmente il fatto che sia stato girato negli anni '60 fa una certa differenza: questo è decisamente più schierato. Inizialmente le attrici, soprattutto quella che interpreta Chunhua, mi sono sembrate troppo adulte per la parte, e infatti non c'è bisogno di trucco ma solo di un cambio di acconciatura per mostrarle invecchiate, vent'anni dopo. Il regista, che era in sentore di "scomunica" da parte del regime, fu costretto ad accentuare i toni propagandistici della seconda parte del film rispetto alle sue intenzioni originali. Ma nonostante questo, il film venne vietato e lui addirittura incarcerato durante i primi anni della Rivoluzione Culturale.

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