16 dicembre 2007

Three... extremes (aavv, 2004)

Three... extremes (Saam gaang yi)
di Takashi Miike, Fruit Chan, Park Chan-wook – Giappone/Hong Kong/Corea del Sud 2004
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Visto in DVD, in originale con sottotitoli inglesi.

Il secondo capitolo della serie "Three..." è decisamente migliore del primo, grazie alla presenza di tre autentici maestri orientali dell'horror e dell'inquietudine. Tuttavia rimango ancora un po' deluso, ma forse è proprio il genere che non mi appassiona. Il migliore, ancora una volta, mi è sembrato l'episodio hongkonghese, prodotto come il precedente da Peter Chan e splendidamente fotografato da Christopher Doyle.

"Box", di Takashi Miike (Giappone), con Kyoko Asegawa, Atsuro Watabe (**)
Una giovane scrittrice ha un incubo ricorrente, legato a una tragica esperienza della sua infanzia. Da bambina, insieme alla sorella gemella, lavorava infatti come contorsionista in uno spettacolo circense. Gelosa delle attenzioni che la sorella riceveva, la chiuse in una scatola e provocò accidentalmente il rogo nella quale essa scomparve. Magistralmente diretto, e sospeso fra atmosfere reali e oniriche, l'episodio si conclude però in maniera insoddisfacente e punta le sue carte soltanto su un'ambientazione non del tutto accattivante. Il difetto maggiore, però, è l'assenza della vena "folle" e stravagante di Miike, marchio di fabbrica delle sue opere migliori, che qui non offre nessuna sorpresa, né nel bene né nel male.

"Dumplings", di Fruit Chan (Hong Kong), con Miriam Yeung, Bai Ling (***)
Per tornare giovane, una matura attrice si rivolge a una sedicente maga che le propone di mangiare ravioli cinesi ripieni con la carne di feti umani, ogni volta cucinati in modo diverso. Nonostante alcuni spiacevoli effetti collaterali, la donna non riuscirà più a farne a meno. La maga, che si procura la materia prima rivolgendosi agli ospedali cinesi, pratica anche aborti clandestini: ma quando dovrà fuggire da Hong Kong perché le sue attività sono state scoperte dalla polizia, alla sua cliente non resterà che procurare la morte dello stesso figlio che sta crescendole in grembo pur di continuare la sua "dieta". Quasi un piccolo capolavoro, elegante e angosciante, molto più efficace degli altri episodi nell'affiancare l'orrore e la normalità, in un crescendo di dramma e di denuncia sociale (la maga commenta come i feti maschi siano più rari perché in Cina vengono abortite quasi esclusivamente le femmine). Il marito dell'attrice è Tony Leung Ka-fai.

"Cut", di Park Chan-wook (Corea del Sud), con Lee Byung-hun, Lim Won-hie (*1/2)
Un regista ricco e affermato viene sequestrato nella sua stessa casa, insieme alla moglie, da un pazzoide che non può sopportare come una persona che ha avuto così tanto dalla vita sia anche un uomo buono: vuole perciò costringerlo a compiere un atto spregevole, l'uccisione di una bambina innocente. La vera protagonista dell'episodio è però la scenografia: la casa del regista, incredibilmente identica al set dove sta girando un insolito film di vampiri, è infatti kitsch e surreale, con il pavimento a scacchiera, le pareti blu e l'arredamento bizzarro. Ricco di virtuosismi registici e di effetti speciali, il film si barcamena fra realtà e finzione, fra verità ed elaborata messa in scena, anche appoggiandosi a concetti non proprio originali (l'abbinamento fra registi e vampiri, la confusione fra cinema e vita reale), ma la recitazione scadente e la sceneggiatura sopra le righe impediscono ogni coinvolgimento emotivo. E alla fine rimane la stessa sensazione di inconsistenza che avevo provato guardando l'episodio in "Four rooms" di Tarantino, regista con il quale in effetti PCW ha più di un punto di comune.

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