17 luglio 2007

Time (Kim Ki-duk, 2006)

Time (Shi gan)
di Kim Ki-duk – Corea del Sud 2006
con Ha Jung-woo, Sung Hyun-ah
*1/2

Visto in DVD, con Cristina e Giovanni.

Nel timore che il suo fidanzato non l'ami più perché stufo di vedere sempre la stessa faccia, una ragazza si sottopone a una plastica facciale senza dirglielo. Quando si rifà viva sei mesi dopo, con un nuovo nome e una nuova identità, scopre che lui non ha ancora dimenticato il suo volto precedente. A circa due terzi del film stavo quasi illudendomi che Kim Ki-duk fosse finalmente uscito dall'impasse creativa evidenziata dalle sue ultime, deludenti, pellicole. E invece, dopo una prima parte tutto sommato interessante con suggestioni sul tema della perdita di identità e del tempo che passa (inquietante e quasi da film horror la sequenza in cui la ragazza si "maschera" con una fotografia che riproduce il suo volto originale), da un certo punto in poi mi è sembrato che il regista non sapesse più come far andare avanti la vicenda e riempire il tempo che restava: e di colpo sceglie di capovolgere i ruoli, cambiare le carte in tavola e tradire la psicologia del personaggio maschile per come era stato presentato fino ad allora: stavolta è lui a cambiar faccia e lei a cercarlo disperatamente, ignara del suo nuovo volto. Se ci aggiungiamo un finale "zen" che riprende l'incipit senza voler dire assolutamente nulla (suggerire che il tempo è circolare, forse? "Prima della pioggia" lo faceva con ben altra intensità), ecco l'ennesimo passo falso di un regista che, da quando ha cominciato a far film su misura per il pubblico dei festival, ha perso ogni appeal e quella sincera "cattiveria" che me lo aveva fatto amare nelle sue prime pellicole (come "Bad guy", "Address unknown" o "The birdcage inn").

1 commento:

Anonimo ha detto...

Conosco solo il Kim Ki-Duk "da festival" (come dice Christian), premetto...!
Ma questo "Time" mi ha colpito per la rappresentazione della follia amorosa al femminile, per il dolore del non riconoscimento dell'amato e per la questione dell'identità (più che del tempo) che sottende a tutte le dinamiche amorose. I temi ci sono tutti, insomma. Sulla realizzazione: soprassiedo sul finale (un altro non-finale, volto forse a dimostrare l'universalità delle vicende e il loro Eterno Ritorno nell'uguale) ma ho notato anch'io una certa fatica elaborativa nell'ultima parte del film. Credo però fosse inevitabile, e anche intrinsecamente giustificata: la fatica è anzitutto dei protagonisti, ormai entrambi trascinati nella spirale di una mente che sa amare solo al futuro anteriore e dove, siccome non si E', non si può amare. L'impossibilità di essere perché non si è riconosciuti, insomma.
A mio avviso, il tema è analizzato e vissuto a fondo dai protagonisti sulla pellicola, e il regista si muove in sintonia coi propri scopi. Quindi: promosso!
Saluti
Giovanni