30 luglio 2007

Il posto delle fragole (I. Bergman, 1957)

Oggi è stata annunciata la notizia della morte di Ingmar Bergman, uno dei più grandi registi del ventesimo secolo. Per ricordarlo mi sono rivisto due dei suoi grandi film, cominciando con quello che ritengo il suo capolavoro.


Il posto delle fragole (Smultronstället)
di Ingmar Bergman – Svezia 1957
con Victor Sjöström, Ingrid Thulin
****

Rivisto in DVD.

All'età di 78 anni, il medico Isak Borg parte in automobile dal suo paese per recarsi a Lund, dove dovrà ricevere un'onoreficenza per i cinquant'anni della sua attività professionale. Il viaggio, in compagnia della nuora, diventa un'occasione per riflettere sulla propria solitudine e fare il bilancio di un'esistenza dedicata soltanto al lavoro, nonché per recuperare alcuni ricordi della propria infanzia (il "posto delle fragole" è uno dei luoghi-simbolo della sua giovinezza, nei pressi della casa dove trascorreva l'estate con la sua numerosa famiglia). La paura della morte e i rimpianti del passato, la vecchiaia che avanza e la giovinezza che le corre a fianco, l'amore per il prossimo e l'aridità del cuore: tutti temi che il protagonista è costretto ad affrontare in una sola e intensa giornata, grazie anche a una serie di importanti incontri (una vivace e sbarazzina autostoppista in viaggio verso l'Italia; i suoi due corteggiatori – un aspirante teologo e uno studente di medicina – in perenne discussione fra loro; un marito e una moglie di mezza età, litigiosi e fastidiosi, che non perdono occasione per umiliarsi a vicenda; la madre dello stesso medico, irrimediabilmente ancorata a un passato nostalgico e malinconico, fatto di vecchi oggetti e di giocattoli per bambini ormai scomparsi) e soprattutto a una serie di sogni surreali e significativi, che ricordano De Chirico, Dalì e il primo Buñuel: strade deserte e palazzi in rovina, orologi senza lancette e carri funebri, esami universitari da rifare e amare memorie del passato. "Il primo dovere di un medico è quello di chiedere perdono": nonostante sia rispettato e benvoluto da tutti (per esempio dagli abitanti della regione dove ha lavorato per anni come medico condotto), chi conosce veramente bene l'anziano dottore lo giudica egoista, indifferente o incomprensivo. Lui stesso è costretto infine ad ammettere di aver rimosso, inconsciamente, ogni sensibilità dalla propria vita e di essersi condannato a una vita di solitudine, la stessa che potrebbe attendere il figlio se proseguirà sulla sua stessa via. Ma forse non è troppo tardi, per nessuno dei due, per cambiare strada (e solo oggi, alla terza o quarta visione del film, mi sono reso conto del possibile parallelo con il "Canto di Natale" di Dickens). Alla fine, come dice il Mereghetti, "il ritmo sincopato si distende e i sussulti d'angoscia si sciolgono in un sorriso sereno: e la vita mancata del protagonista si illumina attraverso quelle ancora possibili dei suoi giovani compagni di strada". Il film è splendidamente interpretato dall'anziano regista Victor Sjöström, mentre nel cast compaiono numerosi habitué del cinema di Bergman, dall'elegante e bellissima Ingrid Thulin a Bibi Andersson, fino a Max von Sydow.

12 commenti:

Luciano ha detto...

Sono d'accordo per il fatto che Il posto delle fragole sia senza dubbio il capolavoro di Bergman. Un film che rivedo sempre volentieri, soprattutto quando mi prende la nostalgia per il passato. Non so, ha un che di fisico.. che ti porta a essere malinconico e a sentire sulla pelle il brivido freddo della morte, che è sempre presente nel film, più ancora che nel Settimo sigillo.

Christian ha detto...

Hai ragione! Ma per fortuna il film si conclude in maniera lieta... Per quanto riguarda la filmografia di Bergman, anche se non li ho visti tutti, il mio secondo preferito è "Fanny e Alexander".

Luciano ha detto...

Per quanto riguarda Fanny e Alexander, purtroppo non ho mai visto l'edizione televisiva di 5 ore.

Christian ha detto...

Nemmeno io, a dire il vero. Spero di poter rimediare presto!

marco c. ha detto...

bellissimo. mi sono anche un po' commosso. la scelta di Sjöström non è casuale mi ricordo che aveva diretto un film muto nel '24 che trattava un argomento simile. correggimi se sbaglio: non si chiamava il carretto fantasma?

Christian ha detto...

Purtroppo non ho mai visto nessuno dei film di Sjöström, mi dispiace.

Dan ha detto...

Sì! Il carretto fantasma è davvero simile per certi versi.

PS: è del '21.

marco c. ha detto...

Fanny e Alexander è il tuo genere: svenka heimat

Christian ha detto...

Infatti! ^^

Marisa ha detto...

Anche per me questo è il "capolavoro" di Bergman, il film più completo ed equilibrato, in cui la tristezza e la fiducia nella vita si mescolano senza sopraffarsi e ci mostra come, anche all'età del vecchio professore, i giochi non sono ancora chiusi.
Memorabile l'uso dei sogni, da vero manuale da psicoanalista.
L'inconscio si comporta proprio così: in un giorno di celebrazione ti riscodella tutti i problemi non risolti e ti costringe a ripercorrerli, dandoti la possibilità (sempre se li accetti e non rimuovi il tutto )di trasformare ancora il tuo atteggiamento e, ascoltando di più gli altri, di umanizzarti in sintonia.

Christian ha detto...

Quella del protagonista è una riflessione forzata su sé stesso che fino a quel momento non aveva voluto fare e che proprio i sogni e i ricordi mettono in moto all'improvviso. Trattandosi di un bilancio esistenziale fatto in così tarda età, è incredibile pensare che Bergman aveva invece solo 37 anni (proprio come il figlio del professore!) quando ha girato questo film!

Marisa ha detto...

Infatti Bergman si identifica con tutti e due, vista la profonda somiglianza caratteriale tra padre e figlio, anzi il figlio (come spesso avviene con i giovani) è più intransigente e rigido del padre.
I sogni pare che siano proprio di Bergman stesso...
Padre e figlio qui partecipano di una profonda identità inconscia, così come avviene nel film di Tarkovskij "Lo specchio".