5 giugno 2007

La città proibita (Zhang Yimou, 2006)

La città proibita (Man cheng jin dai huang jin jia, aka Curse of the Golden Flower)
di Zhang Yimou – Cina/Hong Kong 2006
con Gong Li, Chow Yun-fat
***

Visto al cinema Eliseo, con Hiromi e Albertino.

Cina, inizio decimo secolo, tarda dinastia Tang, gruppo di famiglia in un interno: l'imperatore sta segretamente avvelenando l'imperatrice, e lei vuole vendicarsi organizzando un colpo di stato per mettere sul trono uno dei propri rampolli al posto del principe ereditario, figlio di un'altra donna. Dopo "Hero" e "La foresta dei pugnali volanti", che non mi erano piaciuti (soprattutto il secondo), il furbo Zhang Yimou realizza un terzo wuxiapian, anche se stavolta le scene d'azione sono limitate (tre in tutto, in crescendo di durata e di spettacolarità) e incastonate in una trama dai toni melodrammatici che si svolge tutta all'interno del microcosmo della famiglia imperiale, fra rituali e inchini, fedeltà e tradimenti. Lo stile barocco e le scenografie sontuose e colorate sono perciò finalmente funzionali a una vicenda e a dei personaggi, e non fini a sé stessi come nei due film precedenti. Lo sfarzo e la grandiosità della corte imperiale adempiono perfettamente al loro compito di sfondo teatrale della vicenda, mentre le passioni e le tensioni autodistruttive che corrono fra marito e moglie (soprattutto) e fra i loro figli (solo in parte) riescono a reggere il peso di una pellicola che non può che terminare su toni da tragedia shakespeariana. Ottimi gli interpreti.

Nota sul titolo italiano: come con "Le crociate" di Ridley Scott e innumerevoli altri esempi, i miopi distributori nostrani sembrano ormai allergici alla poetica bellezza dei titoli originali, preferendo secchi schematismi che non facciano volare, nemmeno per un istante, l'immaginazione degli spettatori.

3 commenti:

Fabio ha detto...

Bello, bello, bello. Questo ha segnato una vera "rialzata" di Zhang Yimou (anche se Hero non mi dispiace).
I formalismi della corte, oltre ad avere il fascino teatrale della ricostruzione, danno ancora più risalto ai pochi rapporti autentici.
Il primo incontro dell'imperatrice con il figlio prediletto è molto significativo, con lei che sorride, lo tocca, lo abbraccia (tutto fuori etichetta). Con una sola scena ci viene comunicato un sentimento a cui crediamo subito, e di cui accetteremo - da spettatori - anche le estreme conseguenze.

Grandi interpreti. Grande abito di Gong Li. ^____^

Christian ha detto...

"Hero" vorrei rivederlo, nel tentativo di rivalutarlo. Ma questo mi aveva soddisfatto decisamente di più, ci avevo trovato molta più "sostanza" (è quasi Shakespeare), oltra alla consueta cura formale.

Attori, scenografie e abiti sono tutti grandiosi!

Fabio ha detto...

Che Hero sia un film estetizzante, e forse persino un po' vuoto, non c'è dubbio.
Ma Jet Li è sempre di un'eleganza straordinaria (primeggia in questo tra tutti gli attori orientali "atleti") e il film ha diversi momenti memorabili (le fiamme delle candele che vengono spinte verso l'imperatore, geniale).

Invece ricordo che quando vidi La foresta dei pugnali volanti pensai che era un film che si poneva obiettivi un po' più faciloni e commerciali, ma che soprendentemente diventava alla fine quasi più autoriale del rarefatto Hero.
Ma credo che pochi saranno d'accordo.

In tutto questo, il vecchio Yimou era un'altra cosa.