19 marzo 2007

Casablanca (Michael Curtiz, 1942)

Casablanca (id.)
di Michael Curtiz – USA 1942
con Humphrey Bogart, Ingrid Bergman
****

Rivisto in DVD con Martin, in originale con sottotitoli.

"Everybody comes to Rick's."
"Play it, Sam."
"Of all the gin joints, in all the towns, in all the world, she had to walk into mine."
"Here's looking at you, kid."
"Kiss me. Kiss me as if it were the last time."
"Was that cannon fire or is it my heart pounding?"
"We'll always have Paris."
"It doesn't take much to see that the problems of three little people don't amount to a hill of beans in this crazy world."
"Round up the usual suspects."
"Louis, I think this is the beginning of a beautiful friendship."

Durante la seconda guerra mondiale, la città di Casablanca nel Marocco francese è diventata un fondamentale punto di passaggio per tutti coloro – rifugiati, patrioti o semplici disperati – che cercano di fuggire dall’Europa. Da Casablanca, grazie ad apposite e ambitissime “lettere di transito” firmate dalle autorità, è possibile infatti raggiungere Lisbona e da lì imbarcarsi per l’America. È quello che cercano di fare il partigiano Victor Laszlo (Paul Henreid), eroe della resistenza ricercato dai nazisti, e sua moglie Ilsa Lund (Ingrid Bergman), approfittando del fatto che due di queste preziose lettere, trafugate dal subdolo malvivente Ugarte (Peter Lorre), sono finite nelle mani dell’americano Rick Blaine (Humphrey Bogart), gestore del Rick's Café ed ex amante di Ilsa. Cinico e disilluso, anche se con un passato di combattente repubblicano in Spagna e contrabbandiere d’armi in Africa, Rick si mantiene apparentemente distaccato e neutrale rispetto al conflitto, tollerando la presenza nel proprio locale di membri di tutte le parti in guerra. Ma il ritorno di Ilsa, dal quale era stato abbandonato senza spiegazioni e che ancora ama, lo spingerà a prendere una decisione. Ci sono film che non fanno semplicemente parte della storia del cinema: sono la storia del cinema. Certo, Curtiz non è Hawks, Welles o Wilder: ma poco importa. A volte un film diventa un capolavoro non per merito di un singolo individuo (regista, attore o sceneggiatore che sia), ma perché tutte le parti che lo compongono contribuiscono insieme al risultato finale, convergendo miracolosamente nella stessa direzione e producendo un fenomeno simile all'“interferenza costruttiva” nella fisica delle onde. Ed è qui che nasce il mito. Nella scheda sul suo dizionario del cinema, il Mereghetti cita Umberto Eco: "Quando tutti gli archetipi irrompono senza decenza, si raggiungono profondità omeriche. Due cliché fanno ridere, cento commuovono". Per nessun film, forse, questo è vero come per "Casablanca", una struggente celebrazione del sacrificio.

Tratta da un testo teatrale di Murray Burnett e Joan Alison che non era ancora mai andato in scena, e fortemente voluta dal produttore Hal B. Wallis, la pellicola ebbe un successo oltre ogni aspettativa. Vinse i premi Oscar per il miglior film, la regia e la sceneggiatura (oltre ad altre cinque nomination) e colpì l'immaginazione del pubblico non solo al momento della sua uscita ma anche, e soprattutto, negli anni a venire. Contribuì a rendere mitici Bogart e la Bergman, cui il regista non lesina primi piani e la sceneggiatura (dei fratelli gemelli Julius e Philip Epstein, con Howard Koch) frasi memorabili come quelle citate in apertura, ma sono indimenticabili tutti i personaggi, anche quelli minori: dall’ambiguo capitano francese Renault (Claude Rains), che cerca di restare a galla in un mondo corrotto in cui pure sguazza con nonchalance, al maggiore tedesco Strasser (Conrad Veidt), principale "cattivo" del film; dal pianista Sam (Dooley Wilson), che canta la canzone di Herman Hupfeld "As time goes by" (la frase "Suonala ancora, Sam", resa celebre anche da Woody Allen, non è mai pronunciata esattamente in questi termini nella pellicola) al fidato cameriere Carl (S.Z. Sakall), fino a Ferrari (Sydney Greenstreet), proprietario del locale rivale Blue Parrot. Ancora oggi citatissimo a destra e a manca (due esempi su tanti: Emir Kusturica in "Gatto nero gatto bianco" e Steven Soderbergh in "Intrigo a Berlino"), oltre che oggetto di omaggi parodie (dai fratelli Marx al già menzionato Allen, senza dimenticare una storia di Topolino firmata da Giorgio Cavazzano), va assolutamente gustato in lingua originale. Soltanto quando l'ho visto per la prima volta in inglese, infatti, mi sono reso conto che si trattava davvero di un capolavoro assoluto e non del classico film sopravvalutato dalla critica per meriti pregressi. Nell'edizione italiana, oltre ai dialoghi cambiati qua e là, manca completamente il personaggio del capitano Tonelli, forse ritenuto offensivo ai tempi dell’uscita nel nostro paese (nel 1946).

5 commenti:

Valia ha detto...

anche questo è uno dei tanti film che mi manca...

Anonimo ha detto...

Sempre Eco (tanto per citate i soliti...!) scriveva: "Casablanca è i film". Hai colto nel segno; è uno dei film più belli ed emozionanti mai visti, perché riesce ad attingere a una dimensione rara, oggi fuori dalla portata di (quasi) chiunque. E' l'epica dei sentimenti, della "guerra romantica" (anche se romantica non è mai stata), di due attori meravigliosi, di uno struggimento agrodolce, un bianco e nero indispensabile... E', insomma, una dimensione perfetta che fa di questo film un microcosmo a cui rapportarsi, grati e quasi veneranti.

marco c. ha detto...

capitano italiano Tonelli=ecco una cosa che mi ha fatto incaz*are oltre ogni limite.
vaffanc*lo Michael Curtiz

Christian ha detto...

Perché? Io l'ho trovato un personaggio simpatico, la tipica macchietta, anche se superficiale.

marco c. ha detto...

sono stufo dell'italiano simpatico. preferisco essere odiato all'estero come gli altri europei piuttosto che gli egiziani sulla feluca mi dicano: "italia uno!"