20 febbraio 2007

Lo straniero (Orson Welles, 1946)

Lo straniero (The stranger)
di Orson Welles – USA 1946
con Orson Welles, Edward G. Robinson
**1/2

Rivisto in DVD, con Martin.

Un gerarca nazista, "principale responsabile" dei campi di concentramento, si nasconde in una cittadina del Connecticut sotto la falsa identità di un insegnante di college, e addirittura sposa la figlia di un giudice della corte suprema. Ma un detective, che sospetta di lui, riuscirà a far uscire la verità allo scoperto.
Il terzo lungometraggio di Welles (il primo dopo la guerra) è uno dei suoi film meno riusciti, schematico tanto nella trama quanto nei personaggi. Ma il grande regista lo abbellisce con il proprio stile visivo, con inquadrature dal basso e dall'alto, piani sequenza e giochi di ombre, oltre che naturalmente con la propria interpretazione (indimenticabili gli occhi aperti e luciferini). Il detective "ficcanaso" è invece interpretato dal sempre ottimo Robinson. Pur essendo il protagonista un criminale nazista, per buona parte del tempo il pubblico è quasi spinto a "tifare" per lui, solo contro tutti e – in un certo senso – alla ricerca di una vita tranquilla dopo la guerra (non viene affatto dipinto come un esaltato, anzi sembra perfettamente integrato nella vita tranquilla della cittadina). La sua natura riemerge però occasionalmente, come quando si lascia sfuggire che "Karl Marx non era tedesco, ma ebreo" e quando disegna sovrappensiero una svastica su un foglio di carta per poi coprirla velocemente con altri schizzi.

2 commenti:

gparker ha detto...

Non sono daccordo. Lo Straniero è uno dei migliori Welles a mio parere e non solo per il suo tocco comunque presente ma soprattutto per la capacità, a contatto con un genere codificato, di ribaltarlo come un calzino pur continuando ad aderire ai suoi dettami.
Il noir si fonda tutto sula perdizione dell'uomo di frontre alla dark lady. Qui è una donna che non capisce più nulla di fronte ad un dark man e la spirale di perdizione è perfettamente tradotta dal mondo maschile a quello femminile e lo stesso dicasi per l'egoismo della dark lady traslato al maschile.

Christian ha detto...

Ciao! Effettivamente non avevo mai pensato al ribaltamento femminile/maschile che citi, però non sono ancora del tutto convinto. Il ribaltamento rispetto ai ruoli dei noir mi sembra tutt'altro che perfetto. Loretta Young non si "perde" affatto: ha semplicemente fiducia nel marito per amore, ma quando ottiene le prove inconfutabili della sua identità gli si rivolta contro e "si salva". C'è una bella differenza con il MacMurray che ne "La fiamma del peccato" si lascia trascinare in un delitto consapevolmente e fino alle estreme conseguenze! Qui inoltre il personaggio femminile non assurge mai a livello di protagonista e resta comunque un comprimario, mentre il vero conflitto è fra i due uomini, Welles e Robinson. E questo mi è davvero sembrato, stile a parte, un po' semplice e schematico, senza evoluzione dei personaggi, quasi come una puntata del tenente Colombo. "L'infernale Quinlan", per esempio, è di tutt'altro livello.