2 aprile 2010

Il cielo può attendere (E. Lubitsch, 1943)

Il cielo può attendere (Heaven can wait)
di Ernst Lubitsch – USA 1943
con Don Ameche, Gene Tierney
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Visto in DVD.

Alla sua dipartita, l'anziano gentiluomo Henry Van Cleve (Don Ameche, chiamato "Enrico" nella versione doppiata in italiano) si presenta alle porte dell'inferno, convinto di essere destinato lì a causa di tutti gli errori commessi in vita. Dopo aver ascoltato la sua storia, però, il diavolo (Laird Cregar) lo reindirizza al paradiso. L'unico film girato da Lubitsch in technicolor è francamente una delusione: l'intrigante cornice soprannaturale (con il diavolo – "sua eccellenza" – in giacca e cravatta e il suo sontuoso ufficio) è limitata ai primi e agli ultimi minuti, mentre quasi tutto il film racconta invece in flashback la biografia del protagonista (dalla nascita fino alla morte a settant'anni), un donnaiolo scapestrato e impenitente, almeno fino a quando non incontra la bellissima ragazza (Gene Tierney) che diventerà sua moglie e gli farà mettere la testa a posto. Il problema è che, rispetto alle pellicole degli anni venti e trenta, siamo in pieno codice Hays. E le ingerenze della produzione (che imposero a Lubitsch, fra l'altro, un finale diverso, censurando quello in cui veniva giustificato il titolo del film; cito dal Mereghetti: "mentre viene autorizzato dal Diavolo a prendere l'ascensore per il Paradiso, Van Cleve vede passare una bella donna e, strizzando l'occhio allo spettatore, decide di seguirla: come dice il titolo, "il cielo può attendere") ne smorzano tutta l'ironia e l'impertinenza, rendendo la storia un po' scialba e persino vagamente moralista. Peccato. Non male gli attori, soprattutto i tanti comprimari e caratteristi: dal nonno simpatetico (Charles Coburn), al cugino "perbene" Alberto (Allyn Joslyn), dai genitori (Louis Calhern e Spring Byington) ai suoceri (Eugene Pallette e Marjorie Main). E naturalmente la Tierney è splendida come sempre.

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