Superman returns (B. Singer, 2006)
Superman returns (id.)
di Bryan Singer – USA 2006
con Brandon Routh, Kevin Spacey
*1/2
Visto al cinema Colosseo, con Albertino, Ghirmawi e altra gente.
Tutto si può dire di Bryan Singer, tranne che sia un iconoclasta. Per il ritorno di Superman sul grande schermo non solo ha rifiutato di fare tabula rasa delle precedenti pellicole dedicate all'Uomo d'Acciaio ma ha scelto di ripartire proprio da esse, come testimonia il tema della colonna sonora, esattamente lo stesso di quasi trent'anni fa. Dal vecchio film di Donner provengono anche gli spezzoni "riciclati" con Marlon Brando, mentre dalle copertine di celebri albi degli anni trenta e degli anni quaranta arrivano celebri immagini ricreate in studio (altre pose, invece, ricordano in maniera impressionante i disegni iperrealisti di Alex Ross). E così, anziché rinarrare le origini del personaggio (alle quali dedica una sola scena, peraltro completamente inutile e fuori posto nello schema del film), il regista e gli sceneggiatori "fingono" che dalle ultime apparizioni dei personaggi siano passati cinque anni, nel corso dei quali Superman è letteralmente stato assente dal pianeta Terra, impegnato in un lungo e vano viaggio nello spazio alla ricerca dei resti del suo pianeta natale, Krypton. Nel frattempo Lex Luthor è uscito di prigione, Lois Lane ha messo su famiglia e il resto del mondo ha raggiunto uno strano stadio tecnologico in cui telefonini e internet convivono con palazzi e automobili di cinquant'anni fa. Peccato però che la trama principale del film risulti confusa e contraddittoria (mi riferisco a tutta la storia dei cristalli, dell'isola che sorge dalle acque, della kryptonite i cui effetti sembrano poco coerenti), un difetto che la pellicola ha in comune con il primo "X-Men" di Singer. Spacey è un ottimo Luthor, la Bosworth è una Lois Lane poco credibile, mentre nel resto del cast brillano Parker Posey e (strano a dirsi) James Marsden. Poco di buono da dire invece su Routh, anche se Superman non è certo un personaggio che richieda un grande sforzo interpretativo. Nel complesso il film risulta pesante e farraginoso, e non dice veramente nulla di nuovo sull'Uomo d'Acciaio: anche i temi della paternità e della nostalgia delle proprie origini sono appena accennati e sacrificati in favore di una sottotrama da soap opera che francamente lascia il tempo che trova.